ANNI DI PIOMBO 2022 – ECCO COME E’ ANDATA!
Anche quest’anno, a seguito dei due incontri di formazione e approfondimento, siamo partiti alla volta di Bologna.
L’essenza dell’edizione 2022 del progetto sta nelle righe delle testimonianze raccolte tra i giovani che vi hanno partecipato.
«A volte ci dimentichiamo che dietro quei numeri ci sono delle persone, ognuna delle quali aveva una storia, un motivo per essere lì; vite spezzate dalla casualità di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. È questo che Cinzia Venturoli ci racconta all’interno della sala d’aspetto della stazione centrale di Bologna, luogo della storia e della memoria della strage del 2 agosto 1980 in cui persero la vita 85 persone. Il nostro gruppo attira l’attenzione di molti nella sala, alcuni si avvicinano e si mettono ad ascoltare con noi questi frammenti di vita – storie di persone – che ci vengono raccontati con la passione di chi, come Cinzia, lavora da anni per riportare alla dimensione umana quelli che sono rappresentati come numeri.
Tutto il progetto “Anni di Piombo” gira intorno a questa strage, ma cerca anche di ampliare il quadro storico per dare, a chi partecipa, spunti e focus per approfondire argomenti presenti in altri progetti di cittadinanza, come i Campi della Legalità o Ultima Fermata Srebrenica. Infatti, quello che succede nel periodo dalla fine degli anni ‘60 fino all’inizio degli anni ‘80 in Italia si ricollega e spiega molti degli avvenimenti anche oltre i nostri confini.» (Claudia)
«L’immagine che più mi è rimasta è quella del medico del 118, che è andato con le sue mani a scavare tra le macerie dopo l’esplosione della bomba: mi sono creato questa immagine mentre lo raccontava e ce l’ho lì, come se lo avessi visto fare questa cosa. È un’immagine forte ed è un’immagine normale, insomma, di questa persona che si ritrova in una stazione devastata e tira fuori dalle macerie delle persone.
Può succederci tutti i giorni di ritrovarci in una situazione che magari non ci coinvolge direttamente – questa secondo me è la parte più interessante; non ci coinvolge perché magari non ci sono nostri parenti, non c’è nessuno che conosciamo. Lui non è andato lì sapendo che c’era qualcuno che conosceva, è andato lì sapendo che c’erano delle persone sotto le macerie. Ritrovarsi a fare un compito del genere, in una situazione sconosciuta – poteva esplodere un’altra bomba, ad esempio – è straordinaria come immagine, da brividi. Sono persone che bisogna ammirare, ma che hanno fatto comunque qualcosa di straordinariamente normale: aiutare un altro essere umano. Ci può far riflettere sul fatto che tutti quanti noi quotidianamente possiamo trovarci vicino a una situazione del genere dove ci sono delle persone in difficoltà, e improvvisamente siamo chiamati a livello morale, civile, di coscienza, a intervenire. Io credo che – poi bisogna dire che Bologna ha dato questa immagine bellissima di essere tutta insieme, è andata a lavorare all’unisono – ci siano tante persone che, in generale, di fronte a situazioni di difficoltà, magari lasciano stare. Non sottolineerei la loro paura ma sottolineerei il coraggio di chi invece corre verso il pericolo.» (Diego)
«L’incontro che più mi ha colpito e che sicuramente ha messo chiarezza in tutte le moltissime informazioni dateci nei giorni di formazione e nei giorni passati a Bologna è stato l’incontro con l’avvocato Andra Speranzoni. È stato lui a seguire i processi contro i mandanti della strage della stazione di Bologna, facendo un grandissimo lavoro di ricerca e indagini. Lo abbiamo incontrato al centro sociale Montanari, proprio vicino al Museo per la Memoria di Ustica; il nostro incontro doveva durare un’oretta ma eravamo talmente curiosi e affamati di risposte che non riuscivamo proprio a smettere di chiedere. Come è possibile che parti dello stato e criminali abbiano lavorato insieme per organizzare una cosa simile? Perché ci sono voluti così tanti anni per delle condanne e come è possibile che ce ne siano state così poche? Perché si cominciano a colpire civili avendo solo l’obbiettivo di fare più vittime possibili?
Ovviamente non a tutto si può dare una risposta, ma quell’incontro ci ha fatto mettere insieme dei piccoli tasselli che ora trovano il loro posto nel grande quadro generale.» (Claudia)
Con le parole di Speranzoni ancora pulsanti, ci siamo diretti al Museo per la Memoria di Ustica. Dietro a ottantuno specchi neri ci sono sussurri e respiri, che pulsano all’unisono con le altrettante luci. Che non si spengono mai, come dovrebbe fare anche la memoria sulle tragedie.
Nel pomeriggio abbiamo incontrato Alex Boschetti, autore e storico. Ha pubblicato per Becco Giallo la graphic novel “La strage di Bologna: cronaca a fumetti” (2006). Insieme abbiamo riflettuto sull’importanza della comunicazione e sulle sfide difficili che questa riserva quando si affrontano argomenti complessi e sensibili come le stragi e le grandi tragedie.
La mattinata della giornata finale a Bologna è stata dedicata a un approfondito debriefing finale con i/le partecipanti, durante il quale sono state condivise domande, richieste di approfondimento e considerazioni sul percorso di conoscenza svolto.
«Per me c’è stato un “prima” e un “dopo” viaggio, perché mi sono veramente reso conto e ho aperto gli occhi su quella che è la fragilità della democrazia, delle nostre istituzioni, anche di quelle che riteniamo più intoccabili, più importanti, di cui fidarci di più e di cui avere massima fiducia – e invece da questi eventi, su cui abbiamo sentito tante storie, come la strage di Bologna e gli eventi precedenti e successivi, ci si rende conto di come la democrazia sia fragile, proprio come noi esseri umani che la componiamo e che siamo noi, quella democrazia lì. Se nei luoghi di potere della democrazia – nei suoi luoghi più importanti e istituzionali, nelle procure, in parlamento – ci sono delle persone che si fanno corrompere, per ideologie, per denaro – ecco, ci si rende conto poi di quanto sia fragile e vulnerabili. Quindi bisogna saperla coltivare, bisogna saper costruire delle generazioni consapevoli dell’importanza che ha una democrazia.» (Diego)
Ma anche impressioni complessive:
«Il progetto Anni di Piombo mi ha arricchita sotto più punti di vista: le persone, i rumori e i silenzi, i sussurri di tutti ma il silenzio di nessuno.
La storia della bomba alla stazione, del clima di tensione e delle innumerevoli colpe che da più di 40 anni vengono sotterrate davanti agli occhi delle vittime dirette e indirette di una Bologna che in quel tragico 2 agosto è prima morta e poi risorta.
Le persone, quelle comuni, quelle lì per caso, quelle che Bologna l’hanno fermata alle 10.25 e quelle che l’hanno fatta ripartire mano nella mano, come potevano, come Stefano Badiali e quelli che non c’erano ma ne hanno fatto una parte della loro vita.
Proprio tra quest’ultime c’è una delle persone che durante questo progetto mi ha colpito e arricchito maggiormente, ovvero l’avvocato Speranzoni, che non solo è un punto di riferimento per i familiari delle vittime ma anche per la giustizia italiana. Il suo intervento ha permesso a noi partecipanti al progetto di capire meglio un pezzo di storia che anche se non ci riguarda direttamente, fa parte del passato ma anche del presente.» (Annalisa)