In ricordo di Jovan Divjak

Anche Arci Bolzano e Arci del Trentino aderiscono alla raccolta fondi, indetta dall’associazione Buongiorno Bosnia per l’associazione OGBiH (L’educazione costruisce la Bosnia-Erzegovina), in ricordo di Jovan Divjak.

Perché sostenere OGBiH?

L’8 aprile 2021 Jovan Divjak ci lasciava per sempre. Una notizia che, per tutti coloro che hanno conosciuto il generale che difese Sarajevo negli anni dell’assedio, è sopraggiunta come un pugno nello stomaco. Speravamo che questo giorno non sarebbe mai arrivato, che lui potesse essere immortale.  Ma in qualche modo lui lo è, perché Divjak è Storia, cuore e anima.
Da subito ci siamo chiesti cosa avremmo potuto fare per ricordarlo e la risposta è stata ovvia: continuare a sostenere l’associazione OGBiH (L’educazione costruisce la Bosnia Erzegovina) che Divjak ha creato nel 1994 – sotto gli spari degli assedianti – per sostenere l’istruzione e dare un futuro a bambini e giovani di ogni nazionalità della Bosnia-Erzegovina colpiti in vario modo dalla guerra. A questo progetto Divjak ha dedicato più di 25 anni della sua vita ed è anche nostra responsabilità custodire la sua eredità.

Cosa puoi fare tu?

Ci siamo dati l’obiettivo di raccogliere almeno 1.000€, tra l’8 ottobre e il 10 dicembre 2021.
A tutti i sostenitori viene chiesto di fare una donazione a partire da 5€ (se tutti mettiamo qualcosa nessuno deve mettere tutto). Al donatore verrà inviato un file .zip contenente 4 vignette originali con le barzellette di Suljo e Mujo che Divjak amava raccontare alla fine di ogni incontro con lui. Le vignette sono state realizzate da quattro amiche che negli anni hanno avuto occasione di incontrare il generale a Sarajevo e di ascoltare i suoi racconti, che ci facevamo passare improvvisamente dal pianto al riso. Abbiamo deciso di ricordarlo così, con la leggerezza di un sorriso, attraverso queste semplici strisce.

Come fare la donazione?

La donazione può essere fatta in due modi:
– tramite paypal su account buongiorno.bosnia@gmail.com
– tramite bonifico bancario sul conto corrente (Poste) intestato all’associazione Buongiorno Bosnia, IBAN: IT07Y0760102000001015785288
(NOTA BENE: per ricevere il file con le vignette è necessario indicare il proprio indirizzo mail al momento della donazione).

ℹLa raccolta fondi è promossa dall’Ass.ne Buongiorno Bosnia, dall’Ass.ne Viaggiare i Balcani, da Arci Bolzano, da Arci del Trentino e dal Centro per la Pace Cesena.
 

 

Jovan Divjak con il gruppo dei partecipanti a Ultima Fermata Srebrenica 2019

 

Chi era Jovan Divjak?

L’infanzia
Classe 1937, nato a Belgrado da una famiglia serba. Il padre, Dušan, era insegnante elementare. Lavorò in numerose scuole della ex-Jugoslavia e così la sua infanzia fu un po’ nomade tra la Bosnia paterna e la Serbia materna. Nel 1942, in piena guerra, il padre fu inviato in una scuola nel Banato, a cavallo tra Serbia e Romania, dove si unì ai partigiani nella lotta contro i nazisti. Anche la mamma Emilija, casalinga, si unì alla Resistenza, cucendo bandiere e berretti ornati con la stella rossa per i partigiani e portando di tanto in tanto i rifornimenti di cibo e vestiti.
Finita la guerra, nel 1947, Jovan iniziò le scuole elementari a Bosanka Krupa, paese di origine del papà, attraversato dal fiume Una, dove convivevano Bosniaci musulmani e Serbi.
Racconta Divjak del papà: “Era un tipo simpatico e divertente, capace di scherzare con fanti e santi e anche seduttore incallito. Così un bel giorno mia madre lasciò questo sciupafemmine”.
Con la mamma Emilija si trasferisce a Zrenjanin, a nord di Belgrado, nella Vojvodina: una regione piatta, storicamente aperta sul Mondo, in contatto con Vienna e Budapest, mosaico etnico popolato da Ungheresi, Romeni, Serbi, Slovacchi, Tedeschi, Ucraini…. Dice ancora Divjak: “Ci si mescolava sui banchi di scuola e se c’erano baruffe per delle biglie o sul campo di calcio si trattava semplicemente di rivalità tra quartieri, senza alcuna connotazione nazionale”.
Sono anni di vita povera, in cui Divjak impara e conserva il gusto di un’esistenza semplice ma anche spensierata. Ricorda il solo regalo fattogli dalla madre: un corso di ballo, dove con i compagni impara tango e valzer. A scuola impara lo sloveno, il macedone, ma anche il francese e il russo.
La madre era una comunista convinta. Per lei fare politica significava agire concretamente per migliorare l’avvenire. Credeva in quello che diceva Tito come fosse l’ordine normale delle cose. Così quando Jovan compie 18 anni gli propone di entrare nel partito.
La giovinezza
A 19 anni entra nell’esercito, non per vocazione o tradizione di famiglia, ma solo perché gli studi erano gratuiti. All’Accademia militare di Belgrado incontra Vera, che lavorava come bibliotecaria e che diventerà sua moglie. Ricorda Divjak: “La mia prima paga divenne il suo abito da sposa. Avevo 23 anni, lei 22. Non ci siamo mai lasciati”.
Inizia quindi la sua lunga carriera militare, con momenti di formazione in Francia – presso la scuola dello Stato Maggiore – e nel 1959 entra nel battaglione della guardia personale di Tito, di cui è e rimarrà convinto ammiratore, rifiutando l’idea che possa essere considerato un dittatore crudele.
L’assedio di Sarajevo 
Era colonnello quando, nel 1992, decise di lasciare l’esercito jugoslavo e di aderire a quello bosniaco per difendere la “sua” Bosnia Erzegovina e in particolare la città di Sarajevo assediata.
Cos’è stata per lui Sarajevo lo si capisce dalle sue parole: “Vivo da 40 anni nello stesso quartiere a due passi da una antica chiesa ortodossa e da una moschea del XVI secolo. Salendo da casa mia raggiungo il seminario cattolico della Bosnia. Quest’armonia, nata dalla differenza, si ritrovava nella vita di ogni giorno. Nel nostro ambiente le famiglie celebravano le loro feste religiose e ci invitavamo a vicenda per il natale cattolico, la pasqua ortodossa o il capodanno musulmano. Mai abbiamo subito pressioni per abbracciare una fede o adottare nuovi usi e costumi. Ero stupito nel vedere una città così ricca di grandi qualità umane, di tolleranza e generosità. Ne sentivo l’immenso fascino. Ne ero completamente innamorato. Amavo i suoi abitanti, cantati da Kemal Monteno in “Sarajevo, mon amour”. La loro cortesia e il loro amabile stile di vita non li h mai incontrati altrove. Ho questa città nella pelle.”
L’associazione OGBiH “L’educazione costruisce la Bosnia Erzegovina”
Nel 1994, dopo aver lasciato l’esercito, ha fondato l’associazione OGBiH “L’educazione costruisce la Bosnia Erzegovina” che aiuta gli orfani di guerra, i bambini e i giovani in condizioni di deprivazione materiale. Per oltre venticinque anni è stata la sua missione di vita.

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#Memoria

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