LA RICERCA DELLA VERITA’ – 23 GIUGNO – 2 AGOSTO

Venerdì 23 giugno  abbiamo commemorato insieme ad istituzioni, ospiti e associazioni del territorio, ma soprattutto insieme alla comunità, il 43esimo anniversario dell’omicidio del giudice Amato, per mano dei NAR, creando così un filo rosso nella stagione terroristica della repubblica, che culmina il 2 agosto 1980  alla Stazione di Bologna. Oltre alla staffetta ciclistica per i luoghi della memoria della città di Bolzano, che ha toccato tappe rilevanti, dedicate a vittime di terrorismo e violenze, e al monologo “Un’altra vita” di Matteo Belli, abbiamo ascoltato diversi interventi nel corso del pomeriggio. Riportiamo, di seguito, il più significativo, quello della famiglia del giudice Mario Amato:

Sono passati 43 anni da quando la vita della nostra famiglia si è unita a quella dei familiari delle vittime e dei feriti della terribile strage alla stazione di Bologna.

Sin dall’inizio il processo sull’omicidio Amato è stato inviato per competenza davanti all’autorità giudiziaria bolognese, data l’attinenza con i fatti della strage.

Sono stati anni passati insieme nelle aule giudiziarie ad affrontare processi di una complessità enorme, e non solo, ogni 2 agosto a Bologna durante l’anniversario troviamo la forza di tutti coloro che non hanno mai smesso di chiedere verità e giustizia e ci sentiamo meno soli.

A differenza del nostro Mario che fu lasciato solo nell’esercizio del suo mandato.

Si trovò al centro di un inquietante e gravissimo groviglio di iniziative costruite attorno e contro di lui da una macchinazione che ha coinvolto magistrati della Procura di Roma o di altri uffici, qualificati avvocati, oltre che difensori di terroristi, anche componenti dell’organo di sorveglianza e di disciplina forense.

La complessa condizione nella quale si è trovato accerchiato Mario Amato non si è limitata ad una complicità di pigra e imperdonabile noncuranza ma è stata alimentata e arroventata da iniziative mirate: i tentativi della sua demolizione professionale e morale anche attraverso la stampa, fino a raggiungere il limite dell’estrema consapevolezza: nel maggio di quel terribile 1980 un potenziale collaboratore attiguo ai nar lo aveva avvisato che era diventato il bersaglio.

Il peso di questo avvertimento non lo distolse dall’adempimento del suo dovere di Magistrato fedele alla Costituzione italiana.

IL 13 giugno, solo 10 giorni prima di essere ucciso, Mario denuncia al CSM: “sto arrivando alla visione di una verità d’assieme coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori materiali degli atti criminosi”.

Quel CSM il cui Vicepresidente era Ugo Zilletti, subentrato nel febbraio del 1980 dopo l’uccisione di Vittorio Bachelet.

Ugo Zilletti che lo stesso Licio Gelli definisce uomo di sua fiducia.

C’è un filo che lega l’uccisione di Mario Amato alla strage alla stazione di Bologna.

Il raggiungimento della verità processuale sulla strage del 2 agosto consente di far luce inevitabilmente anche sul movente e mandanti dell’omicidio di Mario Amato, così come il lavoro di indagine svolto dal Magistrato è stato un contributo fondamentale per l’accertamento delle responsabilità degli appartenenti ai terroristi della destra eversiva romana.

Oggi dopo anni di battaglie processuali grazie al duro e coraggioso impegno dell’Associazione per i familiari delle vittime della strage abbiamo per la prima volta una sentenza di condanna che individua, per la prima volta nei processi celebratisi sulle stragi, i mandanti della strage di Bologna, consegnandoci quella “visione d’insieme” che decretò la morte di Mario Amato e la realizzazione della strage.

Un passo importante che consente di recuperare il tempo perduto a causa degli innumerevoli depistaggi, delle menzogne e delle cortine fumogene.

Tentativi di depistaggio a cui abbiamo assistito anche negli ultimi processi sulla strage alla stazione di Bologna e che sono stati per fortuna scoperti ed evitati.

E’ proprio l’ultima sentenza mandanti, ma anche la sentenza di condanna di primo grado contro Gilberto Cavallini, ad affermare che “la vicenda dell’omicidio Amato va posta come fondamentale elemento di collegamento e spiegazione della strage e della sua causale”.

Lo spontaneismo armato tanto acclarato dagli esecutori materiali di entrambi gli attentati terroristici altro non era che uno strumento per oscurare i legami dei NAR, Terza Posizione con Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale, la loggia massonica P2, Servizi Segreti deviati e la dimensione economico-finanziaria che Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo avevano costruito con le loro società.

Questa verità l’aveva ben compresa il Magistrato, negli ultimi mesi prima di essere eliminato.

Mario Amato è stato colpito non per le indagini che aveva già svolto ma per il livello di connessioni che aveva scoperto: sarebbe stato un grande pericolo per il progetto stragista realizzato dopo cinquanta giorni dal suo omicidio.

Dopo 43 anni accanto agli ultimi grandi risultati processuali, purtroppo, siamo anche costretti a constatare con grande sconcerto che Gilberto Cavallini, sin dal 2016, accedeva al lavoro esterno e poi alla misura della semilibertà prestando attività lavorativa presso l’associazione e la cooperativa riconducibili a Luigi Ciavardini, imputato per falsa testimonianza nel processo per la strage alla stazione di Bologna a carico del Cavallini.

I legami tra gli ex terroristi sono quindi ancora saldi nel proteggersi a vicenda nascondendo la verità.

La storia dello stragismo in Italia appartiene a tutti noi cittadini, tutti noi potevamo essere colpiti indiscriminatamente, innocenti, senza colpe, tutti noi subiamo gli effetti antidemocratici protrattisi sulla nostra società sino ad oggi.

Tutti noi abbiamo l’obbligo morale di non far sentire soli i familiari delle vittime e i superstiti di quella vigliacca e orrenda strage alla stazione di Bologna.

E’ per questo che ringraziamo di cuore la comunità di Bolzano che si è riunita oggi 23 giugno insieme per non dimenticare

di Ana Andros


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