GIOVANI AZIONI PER LA LEGALITA’
È proprio il sentimento condiviso di giustizia e educazione alla legalità tra Arci Bolzano – Bozen e il Liceo Pascoli di Bolzano, che ha fatto nascere, anni fa, una collaborazione sul tema dell’antimafia. Arci Bolzano è attiva dal 2011 con il progetto Campi della Legalità, che accompagna ogni anno giovani altoatesini a Corleone, in un’esperienza di legalità vissuta. La cultura della legalità e la consapevolezza sul fenomeno della criminalità organizzata si toccano con mano lavorando nei terreni confiscati alla mafia e tornati alla comunità come bene comune, si sentono raccontare dalle persone, si osservano guardando i gesti, semplici e decisi, di una resistenza alla mafia quotidiana e costante. Lo sa bene il professor Giovanni Accardo, che con i suoi studenti, anni fa, ha vissuto l’esperienza, e la continua a raccontare nelle sue classi. Tra le mura del Liceo Pascoli questa è ancora un’esperienza viva, di cui si sono incuriositi gli alunni della 4C. Con loro, a ottobre 2023, ci si incamminava sul sentiero della storia della mafia e dell’antimafia.
“La prima tappa del nostro percorso è stata un appuntamento di approfondimento sulla storia della mafia. A ottobre siamo stati a Palermo e al ritorno abbiamo lavorato sul romanzo Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia. Poi ho diviso la classe in piccoli gruppi: a ciascun gruppo ho affidato un tema, un episodio, un personaggio da approfondire e presentare. Abbiamo letto il libro La legalità è un sentimento di Nando Dalla Chiesa e abbiamo preparato insieme le domande da porre in occasione dell’incontro con l’autore”, spiega Accardo.
Nato e vissuto in Sicilia, per Accardo è naturale occuparsi di queste tematiche:“Me ne sono sempre occupato. È ovvio che se le questioni di cui parli ti toccano personalmente, hanno un’altra risonanza dentro di te, un’altra forza, questo lo sentono anche i ragazzi. Queste attività non le faccio solo per i miei studenti: anche per me sono un’occasione non solo di conoscenza, ma di incontro, di emozione”. Il suo ruolo di insegnante si accompagna ogni giorno a esempi di legalità: “La legalità è un modo di vivere. La scuola naturalmente può fare tantissimo, io per primo ho consigliato tanti libri e tanti film che riguardano la mafia e l’antimafia. Secondo me, più che altro, occorre credere in quello che si fa. Se l’insegnante ci crede e fa le cose con sincerità, autenticità e passione, questo arriva agli studenti. Poi dobbiamo essere noi, per primi, esempi di legalità, nella vita quotidiana e a scuola: arrivare in orario, fare correttamente le valutazioni, partecipare con i modi giusti. Cerco di trasmettere ai miei studenti un modo di vivere onesto.” Un impegno portato avanti con passione e perseveranza, capace di coinvolgere non solo gli studenti, ma anche i colleghi: “Tutti hanno dimostrato grande interesse. Per queste tematiche c’è, da nord a sud, una sensibilità. In questo caso le origini possono avere un impatto minore.” Perché per fare legalità, la convinzione più grande è quella che ognuno debba fare la sua parte.
Così, assecondando l’interesse degli alunni, che volevano andare a toccare con mano i luoghi della mafia e dell’antimafia, anche Arci Bolzano ha fatto la sua parte, nel costruire un itinerario di senso, di educazione e di consapevolezza su come si possa fare, oggi, antimafia. Dal 12 al 15 ottobre del 2023, insieme gli alunni del professor Accardo, c’era anche Vincenzo Maida, di Arci Bolzano: “Il percorso a Palermo è stato principalmente sui luoghi della legalità, ma abbiamo fatto anche un percorso storico-culturale. Quando si visita Palermo, si fanno sostanzialmente due percorsi: quello della legalità, o quello storico-culturale. E, purtroppo, difficilmente si incontrano. Ma quando si va in un luogo dove è accaduto qualcosa di tragico, bisogna sì, farlo emergere, e tenere sempre viva la memoria, ma è anche importante e doveroso mostrare il bello.” Pochi giorni di intense camminate alla scoperta di una Palermo sfaccettata e nettamente divisa: quella che si vede dall’alto della sua imponente Cattedrale e dal centro dei Quattro Canti, la Palermo dei teatri e di Palazzo dei Normanni. Ma anche la Palermo che nel tempo ha resisto alla mafia – una storia racchiusa nel percorso museale interattivo del No Mafia Memorial: quella di via Bernini, dove ha sede il Centro Studi Rita e Paolo Borsellino e il covo di latitanza di Riina è oggi una caserma dei Carabinieri; quella del “bunkerino” all’interno del Tribunale, dove si possono toccare con mano gli scritti, il mobilio e i luoghi del lavoro assiduo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma anche la Palermo di Fausto Melluso, attuale presidente di Arci Palermo, che gestisce il Circolo Porco Rosso a Ballarò. “Ballarò – racconta Maida – è un quartiere popolare, centralissimo e storico, con un’importante presenza multietnica. Adesso è diventato anche molto turistico, ma è stato – e continua ad essere – un quartiere difficile: negli anni ’70 e ’80 la microcriminalità, e quindi anche la mafia, proliferavano. Oggi Arci Porco Rosso è un presidio per tutti coloro che hanno difficoltà, e in questo momento sono principalmente stranieri. È un posto importante per siciliani e non, in un quartiere dove si mischiano le storie delle persone, ciascuna con la sua situazione. Fare legalità è anche questo: non solo combattere la mafia, ma dare un aiuto concreto a chi ne ha bisogno, mettere a disposizione della comunità un luogo accogliente, dove trovare sostegno” Quindi, mentre la mafia acuisce i suoi modi, sempre più silenziosi, anche l’antimafia si reinventa e continua a resistere, a declinarsi in moti e azioni di legalità e giustizia.“In viaggio con la classe, ciò che più mi è piaciuto, oltre al denso itinerario, è stata la partecipazione, anche empatica, dei ragazzi. Chi per origine, siciliana o meridionale, chi per vivo interesse – tutti sono stati attivi e curiosi, nel porre domande a noi e alle guide. Il senso della legalità e dell’antimafia in loro va coltivato con cura, soprattutto adesso che gli anni passano. Bisogna mantenere viva la memoria e lavorare sul concetto di legalità: non come rispetto delle regole per paura delle sanzioni, ma per un rispetto delle regole e nei confronti delle altre persone inteso come cura verso il bene comune. Un bene comune fatto di cose e di persone.”
Per il professor Dalla Chiesa la legalità è un sentimento. Lo spiega nel suo ultimo lavoro, pubblicato per Bompiani nel giugno del 2023. La presentazione del suo libro – aperta al pubblico prima, più intima, partecipata e sentita, con gli alunni della 4C, poi – è un momento di incontro, di pensiero e di riflessione, su questo sentimento di legalità, che necessita di essere messo nelle condizioni di crescere.
La legalità è un sentimento. Profondo, importante, che sta nella nostra idea di giustizia, che si fonda sul rispetto degli altri, e scende tutto a catena da questo. La stessa Costituzione è fondata sul rispetto degli altri e sul rispetto della giustizia.
Questo sentimento, se si può far germogliare nei bambini e nei ragazzi, è più difficile da far crescere negli adulti? I giovani vedono il loro esempio e quello delle istituzioni – in cui c’è una mancanza di fiducia, un solco da colmare – che non sembra essere ottimo.
Io penso che sia un sentimento che si trasmette in tutte e due le direzioni, cioè dagli adulti verso i più piccoli e viceversa. Per esempio, sono i più piccoli che educano al rispetto dell’ambiente, molte volte – lo vedo anche nelle dinamiche familiari. Sono loro che educano al rispetto degli animali, che hanno in sé il concetto di giusto, di un giusto molto istintivo, molto radicale. E dobbiamo ascoltarli.
C’è una differenza culturale innegabile tra nord e sud, sulla quale poi nascono i diversi percorsi di educazione alla legalità. Al nord si declinano in più tematiche, che non sempre coinvolgono l’antimafia; al sud, invece, dall’antimafia non si può prescindere. C’è ancora questo solco? È colmabile?
Un solco un po’ c’è e si percepisce perché per tanti anni le regioni del nord sono state un po’ riluttanti a inserire la formazione a una cultura antimafiosa, considerando di non averne bisogno. Per esempio, però, anche la legge della regione Lombardia – che è arrivata per ultima e ha beneficiato delle esperienze precedenti – è una legge che tiene conto dell’esigenza di costruire una cultura antimafiosa. Credo che ci siano meno divari dentro le leggi. Certo, nell’opinione pubblica questo divario c’è, e si sente.
In questo particolare territorio che è l’Alto Adige – che sembra essere distante da tutto, anche dallo stesso nord Italia – come si può mantenere vivo un sentimento di legalità e di antimafia?
I territori si contagiano e credo che l’esperienza del professor Accardo sia un’esperienza capace di allargarsi, di contaminare. Va raccontata, io la racconterò, perché deve fare e deve sentirsi parte di un movimento più generale. Non sta facendo una cosa solo lui, sta rappresentando sul posto un movimento molto ampio. Uno dei difetti e dei limiti del movimento antimafia è che si racconta molto poco: deve abituarsi a raccontarsi, a lasciare tracce di sé, a contagiare gli altri. Questa esperienza secondo me ha tutte le caratteristiche per riuscirci.