
Lamina
Delicate strutture in gesso bianco-violaceo sporgono dalla parete nello spazio espositivo come forme organiche, come coralli di pietra.
L’artista Claudia Barcheri le ha modellate sul posto, esplorando la loro resilienza strutturale con tratti espressivi e spostamenti ai limiti esterni delle possibilità fisiche. Nonostante la loro fragilità, gli oggetti contengono una potenza esplosiva, raggiungendo e crescendo in innumerevoli sfumature verso il mondo esterno e cercando di connettersi con l’ambiente circostante. In natura, i coralli si connettono tra loro per formare grandi habitat nei cui dintorni vive e si nutre una moltitudine di altre creature. Sono luoghi di altissima diversità biologica e strutture viventi di interdipendenza e comunità. La loro bellezza ed energia sono travolgenti, eppure sono vulnerabili e la loro esistenza è minacciata da una serie di fattori.
Come esseri umani, facciamo parte di questo grande ciclo della natura.
Claudia Barcheri
Materialità e colore. Nella sua pratica artistica, la scultrice Claudia Barcheri utilizza un’ampia varietà di materiali, che combina in modi sempre nuovi sfruttando al massimo le loro caratteristiche. Così facendo, trasferisce le forme e alterna astrazione e figurazione con un approccio sia intuitivo che concettuale.
Claudia Barcheri (*1985 a Brunico, Alto Adige). Ha studiato scultura all’Accademia di Belle Arti di Monaco e Bologna. Periodi di lavoro negli Stati Uniti, a Parigi e a Berlino. Vive e lavora a Monaco di Baviera.
www.claudiabarcheri.com

Il fuoco nelle mie mani
l fuoco ha molti significati e simbolismi: il calore, la purificazione, il rinnovamento e nello stesso
tempo la distruzione e la devastazione.
Ed è proprio quello che voglio dire con questo lavoro: noi siamo padroni del nostro fuoco nelle
nostre scelte per noi stessi e per quello che ci circonda. Può essere il fuoco dei nostri amori. delle
nostre passioni o il fuoco dei nostri stolidi rancori, pigrizie che provocano letteralmente incendi e
distruzioni.

Daniela Chinellato
Nasce a Venezia, vive tra Mogliano Veneto e Bolzano
Studia presso l’Istituto Statale d’Arte di Venezia con il professor Gazar Gazikian, specializzandosi in ceramica, materiale che continua ad amare per la sua duttilità e fragilità. Da sempre oltre all’argilla utilizza altri materiali e media come: vecchi mobili, stoffe, fotografia, video e…pittura suo primo grande amore. Solo dopo alcune importanti esperienze artistiche in Italia e all’estero inizia ad esporsi in mostre, installazioni, performance.

THE KING
Vuole essere uno spazio di cura, un nido pronto ad accogliere tutto e tutt*. Il nuovo re va oltre ogni binarismo, ci mostra la forza e il potere che scaturiscono non dall’ego, ma dalla fonte creativa innata in ognun* di noi. Un potere che guida senza sottomissione, sfruttamento e egoismo, che serve tutto e tutt*, volto a nutrire l’ordine cosmico (universalità spirituale) di cui tutt* facciamo parte.

Elisa Grezzani
E’ pittrice e ha all’attivo numerose mostre, personali e collettive. I suoi dipinti traggono forza dall’ interazione tra elementi contraddittori, sia materiali che compositivi. L’artista alterna l’uso di colore liquido a quello di resina trasparente, spray, grafite. Questa stratificazione dona profondità alle opere, ne apre la lettura a molteplici prospettive e crea un sistema aperto, i cui elementi fluttuanti, espandono la superficie pittorica e si fondono alla scultura, all’installazione, al design, all’architettura. Grezzani vive e lavora a Bolzano, collabora con la Galleria Stefano Forni e Marcorossi Artecontemporanea.

Haunold Baranci
Il mondo non basta è il titolo del mio lavoro, composto da oltre 40 fotografie. “Il mondo non basta” – penso. Non siamo soddisfatti del mondo naturale. Dobbiamo intervenire, abbellire, espandere, spiegare e migliorare. Porto con me questa frase quando cammino nella nostra regione con gli occhi aperti. Una regione caratterizzata dal turismo. Nel 2017 ho iniziato a fotografare motivi che si trovano direttamente in natura, ma che lì mi sembravano assurdi. Ho viaggiato soprattutto in montagna, su altipiani, presso laghi selvaggi, all‘interno e nei dintorni dei parchi naturali dell‘Alto Adige. Si tratta di oggetti creati dall‘uomo che sono stati depositati da qualche parte nel bellissimo paesaggio. Oggetti che hanno lo scopo di favorire direttamente o indirettamente il turismo. Installazioni che servono all‘intrattenimento, al comfort e alla società dell‘avventura. Ci sono i dinosauri preistorici a grandezza naturale a oltre 1.600 metri di altitudine in Valle Aurina, l‘erba artificiale ai piedi del Boeseekofel (circa 2.500 metri di altitudine), una struttura per arrampicata in acciaio e plastica a Plan de Corones (circa 2.700 metri di altitudine) o il Plose Looping a 2.400 metri di altitudine. Trovo molto appropriata l‘espressione di Hansruedi Müller “arredamento onnipresente del paesaggio” (Müller, Sanfter Tourismus). A prima vista, alcune strutture ricordano un‘installazione artistica, ma presto ci si rende conto che in realtà sono un mezzo di intrattenimento per i visitatori. Stiamo guidando i visitatori lontano dalla natura unica e dalla tranquillità, verso la frenesia e il ritorno all‘ambiente urbano.

Fabian Haspinger
Nato nel 1979, vive e lavora come fotografo in Alto Adige/Italia. Tra il 2014 e il 2018 ha frequentato la Prague School of Photography Austria a Linz, diplomandosi con lode. La sua attenzione fotografica si concentra sulla fotografia di strada, di architettura e concettuale. Realizza i suoi progetti con tecnologia digitale e analogica. Ha lavorato per diversi anni come Servizio stagionale presso i parchi naturali nel cuore delle Dolomiti. Il mio modo di fotografare è rigorosamente non giudicante, neutrale, documentario con un sorriso. In questa serie lascio abbastanza spazio, mi distanzio in modo che ci sia abbastanza spazio per la mia interpretazione. Il soggetto è visto in modo critico, ma con umorismo fotografico.

senza titolo
dalla serie “Sudtirolo Amore Mio”

Nicola Morandini
Nicola Morandini è membro dell’Associazione 00A – Centro per la fotografia contemporanea dal 2015. Dedito soprattutto alla fotografia analogica, ha frequentato workshop tenuti da diversi maestri della fotografia italiana, come Davide Monteleone, Alex Majoli e Guido Guidi. Se inizialmente la sua ricerca artistica ha privilegiato i reportage sociali, da qualche tempo la sua poetica indaga il territorio, utilizzando principalmente il medio formato, con l’obiettivo di cogliere nell’ordinario la sua straordinarietà.

ALZA LO SGUARDO
Il mio scatto vuole rappresentare un momento in un dialogo immaginario tra un melo di coltivazione intensiva e un pioppo libero. Vuol far riflettere criticamente sul territorio che ci circonda, sulla catena di irresponsabilità che devasta e rompe equilibri. Ma anche su di una natura stessa, che sempre più paura fa.

Letizia Molon
Nata nel 1958, fotografa da una vita (inizialmente viaggi, reportage…). Passata da un ventennio al digitale, senza escludere la sua vecchia e gloriosa Nikon F4. Si diverte molto nel far sì, che singoli scatti o progetti abbiano la forza di raccontarsi da sé, avvicinandosi possibilmente ad una fotografia di tipo concettuale, dando pari dignità al visibile e all’invisibile. Diverse mostre personali e collettive a Merano, Venezia e San Donà del Piave.

Look closer / Guardare vicino
Il manifesto nasce dalla manipolazione digitale dell’opera Identità-Montagna-Agricoltura-Turismo di Claus Soraperra, dove un contadino sembra vivere la propria condizione in un corpo sezionato in più parti. Accanto alla figura compare la parola “autoscopia” fenomeno psicologico per il quale un individuo ha visione del proprio corpo da una posizione esterna a quest’ultimo. Il contadino è munito di una falce che rappresenta la mietitura nel passato e la cura della terra, ma inevitabilmente diviene presagio e metafora di morte. Il volto è coperto da una maschera anti gas, che evoca la perdita di equilibrio tra la Natura, nella sua purezza e l’uomo, ormai alle prese con gli ambienti di coltivazione contaminati sempre più da pesticidi, inquinamento e sfruttamento intensivo. La parte inferiore della figura rappresenta una radiografia, il ricordo di uno scheletro diviene metafora del bisogno di guardarsi ed indagarsi dentro. La frase Look closer/Guardare vicino, invita l’osservatore a fermarsi ed osservare la propria condizione intorno a se, nella propria quotidianità, nel proprio orizzonte sociale, nelle proprie possibilità, per poter assumere atteggiamenti individuali che rispettino l’equilibrio tra Uomo e Natura.

Claus Soraperra
Claus Soraperra è nato a Canazei. Formatosi all’Istituto d’Arte di Pozza di Fassa, si trasferisce all’Accademia di Venezia. Da sempre usa la ricerca artistica come strumento di indagine sociale ed identitaria. Ha insegnato “Didattica e metodologia dell’arte” presso la Libera Università di Bolzano/Die Freie Universität Bozen e Laboratorio della Figurazione e Design presso il Liceo Artistico/Scola d’Èrt di Sen Jan di Fassa.
claus-soraperra.webnode.it | @claus.soraperra

Tre corvi migranti, stufi di aspettare per l’assegnazione di un proprio nido, gracchiano polemici in volo:”bla, bla, bla!”

Benno Simma
Benno Simma nasce a Brunico (BZ) nel 1948. Si laurea presso la Facoltà di Architettura – IUAV a Venezia. Lavora come musicista, sindacalista, insegnante, architetto, designer e grafico tra Bolzano e Milano. A Bolzano fonda e dirige per 5 anni l’Accademia di Design ADB. A Roma dirige l’Istituto Europeo di Design IED (2005-2010). Negli ultimi anni vive e lavora come artista indipendente a Bolzano.

Rammendi, rammenti.
2022. Collage 30x35cm.
Riparare, cicatrizzare. Dal logorio, dalle lacerazioni, ricollocarsi, verso un’ecologia della mente e del corpo. Oltre il rammendo, un rammento: un invito a riconsiderare il rimedio, la cura.

Nadia Tamanini
Nadia Tamanini (1987, Trento) è un’artista multidisciplinare che opera nel campo della poesia visiva, installazione site-specific e performance. Attraverso questi mezzi la parola, l’immagine e la materia si fanno strumento di dialogo tra individuo e collettività, verso un’arte partecipata. Le sue opere fanno parte di collezioni private in Italia e all’estero, del catalogo “Artoteca Alto Adige” e della collezione permanente di MUSEION Museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano. Vive e lavora a Bolzano.

Deserti urbani
Pittura ad olio su tela. 50×70 cm.
Attraverso il linguaggio della pittura ho raffigurato questo paesaggio che rappresenta l’ambiente deturpato e trascurato dall’uomo. Ho voluto sottolineare la necessità di riqualificare tutte quelle aree con strutture iniziate e mai portate a termine. La mancanza di sinergia tra uomo e natura può condannare entrambi ad un epilogo drammatico.
Elisabetta Vazzoler
Elisabetta Vazzoler, nata a Treviso nel 1967, vive a Bolzano. Si è diplomata al Liceo artistico di Treviso e ha frequentato alcuni corsi di Storia del Cinema e del Teatro presso l’Università di Ca’ Foscari di Venezia. Trasferitasi in Sicilia, si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Catania. Le tematiche della sua ricerca artistica riguardano i Luoghi abbandonati, i Deserti urbani e i Ritratti anonimi.